istituto italiano di cultura

La comunicazione di arte degli IIC

Per aprire la discussione sulle dinamiche che regolano la comunicazione degli eventi artistici degli Istituti Italiani di Cultura può essere utile punto di partenza quello di evidenziare alcuni elementi caratteristici della comunicazione dell’arte sui media, che restringono il campo e lo spazio a disposizione degli Istituti Italiani di Cultura e lo limitano a eventi di assoluta eccellenza espositiva, o di grande qualità. Conoscere e comprendere con chiarezza queste dinamiche è particolarmente significativo nel tentativo di creare modelli per attirare l’attenzione dei media nazionali ed esteri. Per prima cosa vanno ricordati l’enorme quantità di notizie relative all’arte presenti quotidianamente in campo nazionale e internazionale, la consapevolezza che le recensioni e presentazioni delle mostre monopolizzano l’attenzione, la difficoltà di tornare sulla notizia una volta presentata e la conseguente impossibilità di attivare un dibattito.

E’ inoltre importante sottolineare la progressiva riduzione dello spazio a disposizione dei recensori e la necessità assoluta di presentare la notizia prima degli altri. Infine deve essere valutata la presenza di inserzioni redazionali a pagamento e la ingombrante presenza dei “quartini”, quattro pagine di presentazione di una mostra pagate dagli sponsor, che spesso escono prima della inaugurazione e di fatto impediscono o riducono la possibilità di intervenire criticamente sull’argomento.

Gli aspetti sopra elencati sono particolarmente evidenti nel giornale quotidiano, che ha logiche e criteri propri di un campo di indagine costituito da fatti e interpretazioni della vita di tutti i giorni, che vanno restituiti in tempo reale.

Questo comporta una enorme difficoltà di attivare nei confronti di qualsiasi fenomeno un’analisi di tipo critico, ed evidenzia come l’intero mondo della fenomenologia dell’opera d’arte non venga mai esaminato ma sostituito dalla semplice presentazione dell’evento. L’attenzione degli Istituti Italiani di Cultura deve allora essere rivolta soprattutto alla recensione come forma nuova della narrazione, dunque come genere autonomo e indipendente, affrontato da una pluralità di figure professionali, composto da un numero diversificato di interventi, strettamente legato alle esigenze storiche e alle dinamiche sociali della diffusione delle mostre. Sembra infatti che soprattutto la critica d’arte si stia progressivamente muovendo dai luoghi consueti di pertinenza (riviste scientifiche, saggi, etc) ai mass media, con conseguente mutamento sia della struttura narrativa che di quella di comunicazione.[1] La possibilità di aprire la comunicazione in forma diversa in ambiti nuovi, per esempio i quotidiani e la televisione, comporta però la necessità di un nuovo arsenale terminologico idoneo ad aggiornare la struttura narrativa consueta, e probabilmente a cambiare il modo di pensare e raccontare la storia dell’arte.

Tuttavia la sensazione che sia sempre più raro che le recensioni permettano da un parte al pubblico di prendere coscienza di quali eventi siano realmente meritevoli di conoscenza, dall’altra agli addetti ai lavori di subire critiche quando operano in maniera superficiale o comunicano in modo errato, spinge a cercare nuovi modelli di comunicazione. Uno dei modelli possibili, a mio avviso, è quello di fare sistema, collegando in unico circuito tutti gli Istituti Italiani di Cultura, dotati o meno di sede espositiva, al fine di creare una rete uniforme che sia il vero avamposto della eccellenza della cultura e dell’arte italiana, sia antica che contemporanea.

Per fare questo propongo che una volta l’anno, per una settimana, tutti gli Istituti Italiani di Cultura realizzino un progetto comune, facilmente e chiaramente identificabile e comunicabile, promosso di concerto dal Ministero Affari Esteri e dal MIBAC. Inoltre alcuni Direttori di Istituti Italiani di Cultura sottolineano la mancanza di attenzione non da parte dei media esteri ma di quelli italiani. In questo senso è importante ricordare che un primo passo è stato quello della esposizione itinerante della collezione Farnesina, la cui lunga esposizione è stata possibile grazie anche alla visibilità ottenuta in Italia. Tuttavia, anche se alcuni interventi hanno sottolineato l’importanza del network internazionale e di internet, io continuo a credere che oggi non possa essere sottovalutato il ruolo della televisione italiana, dalla quale l’arte è praticamente assente.

Particolarmente significativa è a mio avviso l’assenza di storici e critici d’arte nei dibattiti e talk show, che sono non solo i programmi più seguiti perché trasmessi in fascia sensibile, ma anche gli unici in grado realmente di orientare il pubblico. Eppure sempre più spesso filosofi, matematici, psicologi, sociologi, antropologi, commentano in televisione fatti di cronaca o di costume.

La loro presenza è certamente dovuta al fatto che la complessa e articolata realtà contemporanea evidenzia come i consueti strumenti di indagine non siano più sufficienti, anzi palesino in maniera evidente il loro disagio ad analizzare e spiegare i fatti quotidiani: è necessario dunque rivolgersi a modi di analisi altri, ad aperture, interpretazioni e punti di vista nuovi. Ebbene, la storia dell’arte proprio per la sua caratteristica di essere al centro di dinamiche politiche, sociali, storiche, culturali, è in grado di offrire un punto di vista altro, una lettura diversa e originale dei fatti quotidiani.

E’ una grande opportunità che non possiamo continuare a trascurare: permetterebbe infatti di realizzare una produzione interna di contenuti culturali e artistici di eccellenza da presentare all’estero, sia in forma autonoma, sia avvalendosi del circuito internazionale con particolare attenzione a canali tematici, format specifici, documentari, presenze all’interno di contenitori culturali, presenze in format divulgativi, servizi o rubriche nei telegiornali o in format di informazione. Paolo Serafini, storico dell’arte e editorialista de Il Giornale dell’Arte[1] Il progetto Lo stato della critica d’are sui quotidiani in Italia e in Europa,curato da chi scrive all’Università La Sapienza di Roma, con la fattiva collaborazione della Scuola di Specializzazione in Beni Storico-Artistici, e delle cattedre di Storia dell’Arte Moderna (Prof. ssa Michela Di Macco), e di Storia della Critica d’Arte (Prof. ssa Orietta Rossi Pinelli), ha avuto inizio l’anno scorso con i due incontri del 5 maggio 2008 (Antonio Pinelli (la Repubblica) e Marco Vallora (La Stampa) e del 12 maggio 2008 (Pierluigi Panza (Corriere della Sera), Marco Carminati (Il Sole 24 Ore). Il progetto si completa quest’anno con gli interventi di Julia Voss del Frankfurter Allgemeine, Jarque Fietta di El Pais, Harry Bellet di Le Monde (20 maggio 2009), Adrian Searle del The Guardian e Tobias Timm di Die Zeit (27 maggio 2009).


franco frattini

La promozione della lingua e cultura italiana

Intervento del Ministro degli Esteri Franco Frattini alla Commissione Nazionale per la Promozione della Cultura Italiana all’Estero.

Considero la promozione della lingua e della cultura italiana uno degli strumenti di politica estera ancora non sufficientemente utilizzati, eppure tra i più efficaci a disposizione del nostro Paese.
Quale Ministro degli Affari Esteri e come Italiano, alla nostra cultura vorrei affidare il compito di affermare nel Mondo i valori del diritto, della libertà e della democrazia scaturite dalla nostra millenaria civiltà, di aprire opportunità di dialogo politico tra governi e popoli sia affini che diversi, di trainare e promuovere – grazie alle sue mille possibili declinazioni sempre inclusive – l’impresa italiana che della cultura è invariabilmente e comunque figlia, che sia artigiana o industriale, manifatturiera o tecnologica.
L’idea di affidare alla cultura il compito di promuovere, accanto all’immagine, anche l’impresa italiana, d’altronde, ha già caratterizzato la mia precedente responsabilità alla Farnesina, sotto l’impulso del Presidente Berlusconi, al quale prima di tutti si deve il nuovo indirizzo di una diplomazia italiana al servizio dello sviluppo del Paese. Ne sono tanto convinto che, come voi sapete, ho tenuto sotto la mia diretta responsabilità le deleghe della cultura.

Alla cultura vorrei dunque affidare la missione di promuovere complessivamente l’immagine dell’Italia e degli Italiani, in chiave moderna e soprattutto prospettica. La nostra cultura, ovunque riconosciuta radice tanto importante per le sorti di un’intera civiltà, non può divenire un ingombro o un peso ma deve essere garanzia di solidità e azione propulsiva per un futuro che, senza iato con la tradizione, veda il nostro Paese tanto al centro della scena politica internazionale, tanto nella produzione industriale.

Siamo una grande potenza culturale: è ora, credo, di farsene un vanto e non sentirne il limite o il pudore in qualunque consesso internazionale ci troviamo. Sono convinto che l’Italia, in politica estera – proprio ricorrendo alle sue peculiarità e alle sue risorse culturali – può suggerire nuove forme di dialogo, più efficaci e durature strategie di stabilizzazione della pace in territori a rischio o già teatri di conflitti.

L’attività di promozione della lingua e della cultura italiana nel Mondo credo non possa più essere disgiunta da un’analisi di priorità geo-politiche ed è per questo che desidero stimolare un maggior coordinamento tra le Direzioni geografiche del Ministero e la Direzione generale per la promozione culturale, destinata ad assumere il ruolo politico che spetta alla nostra diplomazia culturale.

Compito del Ministero degli Affari Esteri, e della Direzione generale per la promozione culturale dovrà necessariamente essere quello di polo di attrazione delle migliori esperienze culturali prodotte in Italia, da Comuni, Province, Regioni, Enti privati e pubblici e altri dicasteri – su tutti ovviamente Mibac e pubblica istruzione con i quali già ci sono protocolli d’intesa ed efficienti tavoli di lavoro – che desiderano rappresentarsi nel Mondo, attraverso la rete degli Istituti, delle Ambasciate, dei Consolati, autentica forza caratteristica del Dicastero degli Esteri.
Tale ruolo si impone non solo per la necessità di esprimere un coerente atteggiamento nei confronti dei Paesi stranieri, che ricercano ed attendono un interlocutore unico (e non una miriade di istituzioni che offrono proposte per lo più slegate), ma anche per l’esiguità delle risorse disponibili e per la necessità di una loro razionalizzazione. Di fatto, l’unica possibilità che abbiamo per non subire l’attuale crisi economica globalizzata, e anzi trarne vantaggio senz’altro per il futuro, è essere virtuosi nelle strategie, in una parola, ‘fare sistema’.

In quest’ottica, la Direzione generale per la promozione culturale dovrà procedere ad una attenta verifica degli strumenti e dei mezzi a disposizione per evitare sovrapposizione di interventi. Dovrà investire soprattutto per la diffusione di quelle che saranno valutate come iniziative prioritarie per qualità e coerenza nelle strategie di promozione del ‘sistema Italia’ e, soprattutto, puntare al rafforzamento delle strutture, evitando la dispersione delle energie finanziarie ed umane.

A titolo di esempio, immagino che il Ministero degli Affari Esteri attraverso la Commissione debba svolgere il ruolo di coordinatore della proposta e della presenza italiana a Istanbul nel 2010, quando la città turca avrà il titolo di capitale europea della cultura, ricordando come l’Italia sia, in Europa, tra i Paesi con i più forti legami con la Turchia in tutti i settori.

Così credo che la Commissione debba cogliere l’occasione per organizzare al meglio la presenza italiana al festival mondiale del libro che si svolgerà sempre il prossimo anno a Beirut, creando momenti di confronto e di dialogo tra autori e promotori culturali italiani ed europei e quelli del mondo medio orientale.

In questo solco, che attrae e unisce azione politica e contenuto culturale, ho voluto che, in occasione del G8, Trieste ospitasse una mostra fotografica in collaborazione con l’Isiao, un convegno internazionale di studi e una diretta televisiva con la prima rete Rai sulla presenza italiana in Pakistan e in Afghanistan, per illustrare come in quell’area oggi tanto sensibile, la nostra attività politica e diplomatica è legittimata da conoscenze antiche qualificate e profonde di quei territori e di quelle popolazioni.

Sempre in tal senso, il primo ‘Forum Unesco della cultura’, ispirato al modello Davos, che si svolgerà a Monza nel prossimo autunno, penso possa prestarsi come occasione privilegiata per avanzare proposte e programmi tanto interessanti da coinvolgere in azioni comuni tutti i partner europei, avendo la precisa prospettiva di dare un’anima e un sostegno all’industria culturale del nostro Paese.

Il ruolo dell’Italia come uno dei maggiori interpreti della diplomazia culturale in seno all’Unione europea credo debba essere presto rafforzato. L’Italia può e deve farsi interprete e rappresentante dell’Europa nei rapporti con il resto del Mondo, proprio attingendo al suo immenso patrimonio culturale che per definizione non corre il rischio ideologico.
Vorrei rapidamente entrare nel dettaglio di alcune di quelle che oggi ritengo delle priorità di politica culturale per l’estero.

Innanzi tutto, la promozione della lingua italiana. Ho molto a cuore la lingua italiana e ciò che essa rappresenta per il rafforzamento e lo sviluppo di un sano e non dottrinale spirito nazionale, così come delle relazioni internazionali. Ecco perchè ho appena proposto di promuovere l’ingresso della lingua italiana nel patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco.
Ma quando dico promozione della lingua, non penso a qualcosa di non effettuale. Penso al teatro e alla poesia, alla letteratura e al canto e ancora, senza soluzione di continuità, penso all’industria culturale italiana, alle maestranze e all’artigianato che il mondo ci invidia, che grazie al lavoro della Commissione potranno ampliare le loro opportunità di impresa e benessere arricchendo nello stesso tempo altri popoli e altre economie.

Credo quindi che quante più persone nel pianeta conosceranno e ameranno la nostra lingua, tanto più condivideranno i nostri valori che considero capaci, se ben diffusi, di migliorare i rapporti tra le diversità nel Mondo.

Ritengo inoltre utile che la Commissione concentri maggiormente i propri sforzi per valorizzare la scienza e la tecnologia quali eccellenze del ‘sistema Italia’ rivolgendo più attenzione alla realizzazione di iniziative in questo settore. In particolare, è determinante il sostegno alla cooperazione scientifica e tecnologica, intesa come fattore decisivo dello sviluppo in una società sempre più interdisciplinare e basata sulla conoscenza. In una realtà economica globalizzata, l’Italia può svolgere una funzione non secondaria anche in settori di punta della ricerca.
Un ruolo importante spetta, poi, alla comunicazione e alle nuove tecnologie. L’imminente messa on line di un portale di avanzate caratteristiche tecnologiche, che vede assieme tutte le realtà presenti nella Commissione, dai ministeri alla Crui, dagli Istituti italiani di cultura alla Dante Alighieri, dalle Università italiane per stranieri a Rai International e che avrà come indirizzo www.estericult.it, mi pare vada proprio nella direzione che immagino. Sarà un luogo dove a portata di click, italiani, stranieri interessati dalla nostra cultura, studenti di lingua italiana e italiani nel Mondo, giornalisti e operatori potranno acquisire informazioni, opportunità culturali, professionali e di studio, creando anche una comunità e uno spirito di appartenenza necessario a rilanciare il mai sopito desiderio di italianità nel Mondo.

La rete culturale all’estero si compone di numerosi attori: Istituti di Cultura, scuole, lettorati, rappresentanze diplomatico-consolari. Tale rete occupa un posto di primo piano nel quadro della politica estera perseguita dal nostro paese sia in relazione alla strategia di influenza che a quella di dialogo e di solidarietà. In tale contesto, l’apprendimento della lingua e la valorizzazione dell’italiano sono una priorità inderogabile insieme al rafforzamento e all’integrazione delle strutture, intese anche quali servizi finalizzati a migliorare l’immagine di efficienza e di vitalità e modernità del paese all’estero.

Il dibattito delle idee, il dialogo tra le culture, la cooperazione culturale, tramite azioni che sempre più integrino le aree di intervento (cultura, lingua e ricerca scientifica), devono costituire le linee portanti del sistema culturale italiano, un sistema le cui priorità specifiche di intervento vanno definite, innanzi tutto, per ogni grande area geografica, in una logica di “strategia” finalizzata a sostenere la nostra attività politico-diplomatica sui grandi temi di politica internazionale ed accompagnare il processo di internazionalizzazione delle nostre imprese.

Franco Frattini

Ministro degli Affari Esteri

NB: solo il testo pronunciato fa fede.